“Gli stili di vita e lo sport sono la primissima medicina: abbiamo la necessità di far capire che la
prevenzione è la nostra sfida vera, perché è ciò che ci permetterà di garantire prestazioni di qualità ai cittadini e di aumentare la qualità della vita”. Queste le parole del ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, intervenendo all’apertura del 35/o congresso della Federazione medico sportiva italiana.
“Bisogna far capire alla popolazione – ha detto il ministro – che fare sport, in aggiunta ad una sana alimentazione, è forse l’unico grande segreto di longevità. E’ questo l’approccio di vita corretto fin dai primi anni”. Inoltre, ha aggiunto, “lo sport è anche uno strumento straordinario di educazione alla vita”. Tutto ciò, ha avvertito Lorenzin, “a fronte di dati sempre più allarmanti rispetto a bambini che crescono inattivi e apatici; proprio per loro lo sport può essere una efficace medicina, dai costi tra l’altro contenuti”. In questa sfida “i medici di medicina sportiva ci aiutano a incentivare prevenzione e sicurezza”.
Un esempio concreto, ha quindi rilevato il ministro, è rappresentato dal diabete alimentare: “Calcoliamo che si potrebbe risparmiare una somma pari a tre miliardi rispetto a questa patologia se soltanto si adottassero stili di vita corretti e una giusta alimentazione”. Al congresso è stato anche presentato uno studio epidemiologico della Fmsi che compara i dati emersi dalle visite di idoneità sportiva e dalle dichiarazioni rilasciate in sede di colloqui: lo studio ha coinvolto più di 24 mila atleti e 17 centri e rivela che gli atleti sovrastimano i problemi cardiovascolari mentre sottostimano quelli ortopedici.
Dall’indagine è emerso infatti che in sede di anamnesi solo il 2,8% degli atleti ha espresso problemi relativi ad esempio alla scoliosi, mentre in sede di visita il 9,9% aveva questo tipo di complicazione. I dati si capovolgono però quando si parla di cuore: in questo caso il 23% degli atleti ha riferito di soffrire di cardiopalmo o aritmie, mentre in sede di visita solo il 18% è risultato avere questi sintomi. Complessivamente, problemi patologici che determinano limitazioni o abbandono dell’attività sportiva sono stati riscontrati solo in quattro casi su mille.