Troppo sale nei piatti degli italiani, soprattutto se residenti al Sud: cibi ‘super saporiti’ che mettono però seriamente a rischio la salute del cuore e che abbondano in modo preoccupante principalmente sulle tavole delle persone socialmente e culturalmente svantaggiate.
Questo è quanto rivela uno studio pubblicato sul British Medical Journal e realizzato dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) nell’ambito del Programma MINISAL-GIRCS.
“La differenza del consumo di sale nelle Regioni italiane, rileva dunque l’ISS – il cui studio è stato realizzato su un campione di 3857 uomini e donne, di età compresa fra 39 e 79 anni, in 20 regioni – ” è attribuibile alle diseguaglianze di ordine socioeconomico tra le diverse aree geografiche del nostro Paese”.
In particolare in Sicilia, Calabria, Puglia e Basilicata, il consumo medio di sodio si attesta oltre gli 11 grammi al giorno, contro valori inferiori ai 10 grammi in tutte le altre regioni. Una quota che va ben oltre i 5 grammi giornalieri raccomandati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).
Lo studio non approfondisce le cause del fenomeno ma, secondo i ricercatori, a pesare sono indubbiamente le tradizioni culinarie meridionali, ma anche il basso reddito che spinge all’acquisto ci cibi meno salutari, a costo inferiore e con alto contenuto di sodio.
In particolare, dallo studio emerge che le persone occupate in lavori manuali presentano un consumo di sale decisamente superiore rispetto a coloro che sono impegnati in ruoli amministrativi e manageriali. La stessa tendenza si verifica anche in relazione al grado di istruzione, per coloro che hanno conseguito soltanto il diploma di scuola primaria, rispetto ai possessori di un diploma di scuola secondaria o di un titolo universitario. Queste disparità sono, inoltre, risultate indipendenti da età, sesso e altri possibili fattori interferenti.
“Lo studio – spiega il presidente ISS Walter Ricciardi, ”ci fornisce dunque indicatori importanti per la costruzione di strategie mirate di informazione e prevenzione delle malattie cardiovascolari e va nella direzione auspicata dall’OMS, che indica proprio nella riduzione del consumo di sale alimentare uno degli obiettivi prioritari di queste strategie”.
Obiettivo pienamente condiviso dal Ministero della Salute, che nell’ambito del programma ‘Guadagnare Salute’ ha anche siglato un accordo con le associazioni dei panificatori per la riduzione del sale nel pane e un analogo protocollo d’intesa con l’Associazione Italiana Industrie Prodotti Alimentari (settore surgelati) per la riduzione del contenuto di sale in alcuni prodotti surgelati, a partire da zuppe e passati di verdura.