Come tutti ormai sanno, l’obesità è in costante aumento con tutte le conseguenze che comporta, ma un’altra condizione sempre legata all’obesità sta catturando l’attenzione degli esperti. “Il prediabete riguarda circa il 15% degli italiani ed è una condizione sempre più diffusa e sempre più precoce, ma non innocua. E’ infatti associata ad un maggior rischio di infarto. E’ necessario, pertanto, trattarla precocemente, con dieta, attività fisica e, quando necessario, anche farmaci”. A fare il punto è Simona Frontoni, direttore UOC Endocrinologia e Diabetologia dell’Ospedale Fatebenefratelli dell’Isola Tiberina e presidente della sezione Lazio della Società italiana di diabetologia (Sid).
Il prediabete non è ancora diabete conclamato ma ci sono già alterazioni glicemiche. Si tratta, spiega Frontoni, “di una condizione molto frequente e legata all’obesità, ma già in caso di sovrappeso alcuni soggetti predisposti possono svilupparlo perché c’è anche una componente genetica importante“.
Si individua facilmente dalle analisi nel sangue di routine: a segnalarlo è un livello di glicemia a digiuno alterata (tra 100 e 125, mentre nel diabete è superiore a 126), primo segnale di allarme che suggerisce la necessità di procedere a un esame con curva da carico di glucosio.
“Il problema – aggiunge – è che la presenza di un alterato metabolismo glicemico è già associato, oltre a quello di sviluppare diabete in futuro, ad aumento del rischio di coronaropatia intorno al 26%, che predispone, a sua volta, all’infarto”. Per questo, “le linee guida suggeriscono che in questi soggetti è necessario iniziare subito a lavorare attraverso la dieta – che deve essere mediterranea e ipocalorica, con pochi grassi e molte fibre – e con attività fisica regolare di 20-30 minuti al giorno”.
Nei soggetti a rischio molto elevato, ad esempio persone che hanno una storia di diabete gestazionale, obesità severa, o sono adulti sotto i 60 anni, questo però non basta. “In questi casi – conclude l’esperta – possono essere in aggiunta prescritti farmaci. Quello di prima scelta (con il miglior rapporto costo beneficio) è la metformina, usata per il diabete da almeno 60 anni, e ormai consolidata anche per condizioni di prediabete e insulinoresistenza”.