Una maggiore risposta infiammatoria potrebbe essere la chiave del collegamento tra l’assunzione di grassi saturi, un fattore di rischio già noto per i disturbi correlati all’obesità, e lo sviluppo di malattie come il diabete di tipo 2 e l’aterosclerosi (accumulo di grassi nelle pareti interne arteriose con la possibilità di ostruzione e complicanze cardiovascolari).
Un nuovo studio pubblicato sul Journal of Nutritional Biochemistry dimostra che l’ingestione di grassi simili a quelli presenti nella dieta di tipo Mediterraneo, caratterizzata da scarso contenuto di grassi saturi e ricca di grassi monoinsaturi (acido oleico dell’olio di oliva), sembra diminuire la risposta infiammatoria, sia rispetto a una dieta ricca di grassi saturi, sia in relazione a una dieta povera di grassi.
“E’ già stato riconosciuto che nell’obesità, caratterizzata da accumulo eccessivo di grassi diffuso nel corpo e da una dieta poco salutare, possa aumentare il rischio di malattie metaboliche croniche come l’aterosclerosi, il diabete di tipo 2, e la malattia di Alzheimer, ma non è così per tutti”, dice l’autore leader dello studio C. Lawrence Kien, professore presso la University of Vermont (UVM).
“L’infiammazione, che prevede il rilascio da parte delle cellule del sistema immunitario, di sostanze chimiche chiamate citochine, è una reazione di difesa del sistema immunitario, contro le infezioni”. “Tuttavia, dice Kien, “alcuni fattori ambientali (interni all’organismo) e anche dietetici (esterni), possono “mascherarsi” da stimoli infiammatori, causando effetti collaterali che si verificano anche durante le infezioni, e questo può portare a diverse conseguenze per la salute nel lungo termine”.
Secondo Kein e collaboratori, le malattie metaboliche potrebbero avere una componente infiammatoria, e basandosi anche sugli studi che mostrano che i grassi saturi possono dare generalmente effetti metabolici attraverso meccanismi indiretti, il team diretto da Kein ha avuto un’intuizione: “l’effetto pro-infiammatorio dei grassi saturi potrebbe promuovere l’infiammazione tramite un impatto indiretto il che facilita il rischio d’insorgenza dei disordini metabolici che si rilevano anche come complicazioni dell’obesità”.
“Diversi scienziati hanno cercato di capire gli effetti dei grassi alimentari sull’infiammazione studiando cellule isolate e “sistemi modello” negli animali”, dice Kien. Per esempio uno studio del 2011 ha riportato che l’acido palmitico, il grassi saturo prevalente nella dieta, ha aumentato la produzione della citochina infiammatoria, nota col nome “interleuchina-1 beta (IL-1beta)” tramite un processo che coinvolge l’attivazione di una risposta del sistema immunitario innato chiamato inflammasoma NLRP3”. “Tuttavia, aggiunge Kien, “resta da stabilire se questi risultati sono rilevanti anche per le diete umane”.
Ebbene, in quest’ultimo studio, Kien e colleghi, tra cui l’immunologo Matthew Poynter, dimostrano, per la prima volta, che variando la quota di acido palmitico, che generalmente si trova nelle diete umane più comuni, può variare anche la produzione di IL-1beta. Hanno studiato soggetti adulti sani, magri e obesi, arruolati e incrociati casualmente, ponendo a confronto le loro diete abituali o sperimentali per tre settimane, separandole, per una settimana, nella quale ricevevano una dieta povera di grassi.
Una delle diete sperimentali era simile alla dieta abituale dei soggetti arruolati ed era ad elevato contenuto di acido palmitico; l’altra dieta sperimentale aveva un contenuto esiguo di acido palmitico e un elevato contenuto di acido oleico, il grasso monoinsaturo prevalente nella dieta mediterranea (olio di oliva).
Dopo ogni periodo di dieta sperimentale, sono stati misurati diversi parametri del sangue e si è così dapprima evidenziato che le due diete con acido palmitico, sia in scarse che elevate quantità, avevano stimolato la produzione di citochine, modulata dal NLRP3, provocando un aumento dell’infiammazione e del rischio associato con i disordini tipici delle malattie metaboliche.
Kien ha esplorato i diversi effetti metabolici dell’acido palmitico e dell’acido oleico per circa 15 anni in diversi studi con l’intento di chiarire se vi potesse essere un legame tra le diete che li contengono in quantità elevate e l’insorgenza di malattie metaboliche, caratterizzate anche dall’infiammazione, come l’obesità e il diabete di tipo 2.
“In ultima analisi, vorremmo capire come questi grassi alimentari si comportano, sia poco dopo l’ingestione, sia dopo l’accumulo nel tessuto adiposo che consegue a molti mesi di ingestione, contribuendo così all’infiammazione e al rischio di disordini metabolici, “afferma Kien. “In altre parole, la dieta abituale e, soprattutto, il tipo di grasso ingerito può determinare, in parte, i rischi associati con l’obesità. “Tuttavia, aggiunge Kien, “è importante riconoscere anche se altri fattori, ad esempio l’attività fisica, e altre caratteristiche delle diete abituali, insieme a un elevato apporto di grassi saturi, possano determinare altri effetti sulla salute.”