Il rapporto emotivo con il cibo è tutt’altro che genetico. I bambini imparano a mangiare di più o di meno in base alle proprie emozioni e al proprio stato d’animo a casa in base ai comportamenti che i genitori assumono nei loro confronti, come ad esempio quello di dargli da mangiare il loro cibo preferito per calmarli quando sono agitati. A questa conclusione sono arrivati i ricercatori dello University College di Londra che hanno pubblicato il loro studio su Pediatric Obesity.
La ricerca è stata condotta su circa 400 coppie di gemelli, omo ed eterozigoti, di 4 anni di età, metà dei quali con genitori obesi, e l’altra metà con genitori normopeso. I genitori dovevano notificare se i figli mangiavano di più quando arrabbiati o di meno se tristi. I ricercatori hanno poi confrontato le risposte e hanno visto che c’erano pochissime differenze tra gemelli identici e non. Ciò indicherebbe, secondo loro, che la causa principale sarebbe l’ambiente casalingo più che l’influenza dei geni, al contrario di quanto sostenuto da precedenti studi. Quello di mangiare in modo emotivo, anche se non ereditata geneticamente, è un’abitudine che però si può trasmettere da una generazione all’altra.
“Mangiare in modo emotivo indica una relazione non sana con il cibo – commenta Clare Llewellyn, coordinatrice dello studio – I genitori, anziché trovare strategie più positive per gestire le emozioni dei figli, usano il cibo”. La tendenza a mangiare di più in risposta ad un’emozione negativa può essere un fattore di rischio per lo sviluppo dell’obesità, e avere un ruolo importante anche per disturbi alimentari come l’anoressia o il disturbo da binge-eating. Il consiglio ai genitori, conclude la ricercatrice, è di non usare il cibo per calmare i figli. “Meglio farli sedere – conclude – e parlargli su come si sentono, e se sono piccoli, abbracciarli”.