Una dieta abituale ricca di fibre, come frutta, verdura e legumi, alimenti tipici della dieta mediterranea, è salutare grazie alla produzione di acidi grassi a catena corta (AGCC), secondo i risultati di una nuova ricerca pubblicata on line sulla rivista Gut. E non c’è bisogno di essere vegetariani o vegani; gli effetti benefici si vedono anche negli onnivori.
Gli acidi grassi a catena corta (in inglese noti con l’acronimo SCFAs – Short Chain Fatty Acids), che comprendono l’acido acetico, l’acido propionico, l’acido butirrico, sono prodotti dai batteri nell’intestino durante la fermentazione della fibra insolubile che deriva dai vegetali alimentari. Gli SCFAs sono stati collegati ad effetti di promozione della salute, tra cui una riduzione del rischio di malattie infiammatorie, diabete e malattie cardiovascolari.
I ricercatori, guidati dal professor Danilo Ercolini (Dipartimento Scienze Agrarie, Divisione di microbiologia, Università Federico II – Napoli) hanno raccolto informazioni (relative a una settimana) sulla dieta tipica giornaliera di 153 adulti che mangiavano di tutto (onnivori, 51), o erano vegetariani (51), o vegani (51), e che vivono in quattro città geograficamente distanti in Italia.
E hanno inoltre valutato i livelli di batteri intestinali e le “impronte digitali chimiche” dei processi cellulari (metaboliti) del metabolismo batterico (metaboloma) nei loro campioni di feci e urine.
La dieta mediterranea, come tutti ormai sanno, è caratterizzata da un elevato consumo di frutta, verdura, legumi, noci e cereali; apporto di pesce moderatamente elevato; consumo regolare ma moderato di alcool (vino rosso); e scarso apporto di grassi saturi dalla carne rossa e dai prodotti lattiero-caseari.
La maggior parte (88%) dei vegani, quasi due terzi dei vegetariani (65%), e circa un terzo (30%) degli onnivori, inclusi nello studio, avevano sempre mangiato una dieta prevalentemente mediterranea. L’inchiesta ha rivelato modelli distinti di colonizzazione microbica nell’intestino dei partecipanti (microbiota intestinale) in base alla loro dieta abituale.
In particolare, i Bacteroides erano più abbondanti nei campioni di feci di coloro che hanno mangiato una dieta prevalentemente a base vegetale, mentre Firmicutes erano più abbondanti in coloro che avevano mangiato una dieta prevalentemente basata su prodotti animali. Entrambe queste categorie di microrganismi contengono specie microbiche che possono abbattere i carboidrati complessi (da pasta, pane e cereali), con la conseguente produzione di SCFA.
E i livelli più elevati di SCFAs sono stati trovati nei vegani, nei vegetariani e in coloro che hanno costantemente seguito una dieta mediterranea. I livelli di SCFA sono stati anche fortemente associati con la quantità di frutta, verdura, legumi, e fibra abitualmente consumati, indipendentemente dal tipo di dieta normalmente consumato.
D’altro canto, i livelli di ossido di trimetilammina (TMAO) – un composto che è stato collegato alle malattie cardiovascolari – erano significativamente inferiori nei campioni di urina di vegetariani e vegani di quanto non fossero in quelle degli onnivori. Ma l’analisi ha mostrato che più gli onnivori avevano seguito una dieta mediterranea, più bassi erano i loro livelli TMAO.
Uova, carne di manzo, maiale e pesce sono le fonti primarie di carnitina e colina – composti che vengono convertiti dai batteri intestinali in trimetilammina, che viene poi elaborata dal fegato e rilasciata in circolo come TMAO.
I ricercatori sottolineano che i livelli di SCFA possono naturalmente variare per età e sesso, e il loro studio non ha stabilito eventuali nessi causali. Tuttavia suggeriscono che la dieta mediterranea sembra essere associata con la produzione di SCFAs salutari.
“I nostri risultati forniscono le prove tangibili dell’impatto di una dieta sana, e del modello dietetico mediterraneo, sulla flora intestinale e sulla regolazione benefica del metabolismo microbico volto al mantenimento della salute nell’ospite.” “Le diete onnivore occidentali non sono, dunque, necessariamente dannose, a patto che includano un certo livello di alimenti vegetali.” – concludono i ricercatori.