Circa il 25% degli italiani è convinto di avere un’allergia o un’intolleranza alimentare, ma in realtà a soffrirne è solo il 4,5% degli adulti e il 5-10% dei bambini. A ‘gonfiare’ il numero dei sospetti allergici è anche l’uso di test complementari e alternativi di gran moda da un po’ di anni, ma privi di alcuna validità scientifica per la diagnosi.
Lo conferma la Fnomceo (Federazione degli ordini dei medici), che insieme a tre società scientifiche di allergologia (Siaaic, Aaito e Siaip) ha presentato oggi a Milano un documento su allergie e intolleranze alimentari in un convegno su alimentazione e stili di vita.
”La percezione della popolazione di essere affetta da intolleranze o allergie alimentari arriva quasi al 25% – spiega Gianluigi Spata, componente del Comitato Centrale Fnomceo – ma l’incidenza reale è molto inferiore. Oggi si tende a giustificare qualsiasi disturbo con un’allergia così i medici sono tempestati dalle richieste di test allergologici”.
Da qui la decisione di produrre un documento condiviso con le società scientifiche, che verrà inviato ai 300mila medici italiani. Oltre a spiegare le differenze tra allergie e intolleranze alimentari, si farà il punto sul percorso diagnostico da seguire e i test realmente efficaci.
Sono almeno 13 quelli privi di validità, tra cui dria test, vega test, biorisonanza, iridologia, analisi del capello, kinesiologia applicata, riflesso cardio-auricolare. ”Il rischio più grande è che questi test inducono che vi si sottopone a diete non corrette, che possono portare a stati di malnutrizione e danni, soprattutto per i bambini”, continua Spata.
I test validi per la diagnosi di un’allergia invece, conclude Marina Russello, dell’Aiito, sono ”I test cutanei, il test rast, quello per l’intolleranza al lattosio e zucchero, e in caso di dubbi il test di scatenamento orale. Ma prima di arrivare al test bisogna esporre i disturbi al medico curante, che indirizzerà il paziente a un gastroenterologo o a un allergologo”.