(Reuters Health) – Tra le donne in gravidanza ricoverate per influenza ci sarebbe, nei paesi più ricchi, una significativamente maggiore prevalenza di parti pre-termine. È quanto ha evidenziato uno studio pubblicato dal Journal of Infectious Diseases e condotto un team coordinato da Fatimah Dawood, dei Centers for Disease Control and Prevention di Atlanta (USA).
Il gruppo ha esaminato le cartelle cliniche raccolte tra il 2010 e il 2016 da Australia, Canada, Israele e Stati Uniti, identificando più di 18mila donne in gravidanza ricoverate per infezione respiratoria acuta o malattia febbrile (ARFI – acute respiratory infection or febrile illness) e ARFI associata ad influenza.
Tra queste donne, l’incidenza della vaccinazione antinfluenzale era bassa (16%), anche se variava dal 6% in Australia al 50% negli USA. Complessivamente, inoltre, 614 donne, pari al 58% del totale, erano positive al virus influenzale. La maggior parte di queste, poi, il 67%, era nel terzo trimestre di gravidanza e il 20% aveva comorbidità.
I risultati
Dai dati raccolti è emerso che la maggior parte del gruppo positivo all’influenza, l’82%, era ancora incinta al momento della dimissione. Dei 110 ricoveri che hanno portato a un parto nel corso del ricovero, 101, pari al 92%, era di bambini singoli nati vivi. E fino al 34% di questi parti è risultato pre-termine, una proporzione che secondo gli autori è “sostanzialmente superiore alla prevalenza di nascite pre-termine stimata del 9% nella popolazione generale di donne in gravidanza nei paesi ad alto reddito”. Non ci sono stati, infine, decessi, anche se il 5% dei ricoveri ha richiesto cure intensive.
“Molteplici studi dimostrano che la vaccinazione antinfluenzale in gravidanza fornisce protezione contro l’infezione sia alle madri che ai bambini nei primi mesi di vita e i vaccini antinfluenzali sono raccomandati per le donne in gravidanza in qualsiasi trimestre. Il nostro studio evidenzia la necessità di proseguire gli sforzi per aumentare il ricorso alla vaccinazione antinfluenzale durante la gravidanza”, conclude Dawood.
Fonte: Journal of Infectious Diseases
David Douglas
(Versione italiana Quotidiano Sanità/Nutri&Previeni)