(Reuters Health) – Al fine di ottimizzare l’assistenza per ogni paziente, nel processo decisionale della medicina di precisione il medico dovrebbe essere consapevole delle differenze tra uomo e donna a livello di diverse funzioni e organi. A evidenziarlo è una review pubblicata su JAMA Internal Medicine da un team di ricercatori coordinato da Deborah Bartz, del Brigham and Women’s Hospital di Boston (USA). I ricercatori americani hanno analizzato otto domini chiave, genetica, modificatori epigenomici, funzione immunitaria, processo di invecchiamento neurocognitivo, salute vascolare, risposta a terapie e interazione con i sistemi sanitari, e per ciascuno di questi hanno esaminato degli esempi clinici che evidenziano le differenze di genere.
Secondo Bartz e colleghi, la funzione immunitaria, per esempio, differisce tra i sessi e spiega la preponderanza femminile nella maggior parte delle malattie autoimmuni. Anche il processo di invecchiamento differisce in modo significativo, con le donne che sviluppano la malattia di Alzheimer a quasi il doppio del tasso degli uomini, indipendentemente dall’età.
Inoltre, molti fattori di rischio cardiovascolari sono più frequenti nelle donne, tra cui inattività fisica, obesità, depressione e ipertensione in età avanzata, mentre altri, tra cui la dislipidemia, sono più frequenti tra gli uomini. E questi fattori possono essere ulteriormente aggravati nei pazienti non conformi al genere, come i transgender.
“In primo luogo deve esserci un riconoscimento tra i clinici per quel che riguarda le differenze biologiche tra uomini e donne che riguardano tutti gli organi”, osserva Bartz. “In secondo luogo i clinici dovrebbero tener conto si queste differenze quando visitano i pazienti”, ha spiegato l’esperta. “La scienza e la ricerca dimostrano un’ampia variabilità tra uomini e donne in termini di rischio, presentazione e prognosi delle malattie”, continua Bartz. “Nonostante queste prove, il genere è inadeguatamente preso in considerazione nel processo decisionale del medico, con conseguenze sui risultati delle terapie”. Per Christian Delles, dell’Università di Glasgow, nel Regno Unito, non coinvolto nello studio “guardare al sesso o al genere non è solo importante per le cure cliniche, ma offre anche un’opportunità per comprendere meglio i meccanismi delle malattie e definisce nuove vie di ricerca”.
Fonte: JAMA Internal Medicine
Will Boggs
(Versione italiana Quotidiano Sanità/Nutri&Previeni)