L’online fatigue esiste. Sintomi psicosomatici, assenza di tempo libero, scarsa qualità di vita ed estensione illimitata dell’orario lavorativo quotidiano, oltre a una profonda sensazione di interferenza tra vita privata e vita lavorativa. Sono i risultati di un’indagine condotta da un gruppo di ricercatori del Dipartimento di Psicologia e del Dipartimento di Scienze Statistiche dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano – Serena Barello, Andrea Bonanomi, Federica Facchin, Daniela Villani – che ha fatto un bilancio dell’esperienza dei docenti universitari italiani dopo nove mesi di lavoro prevalentemente in remoto e dell’impatto di tale esperienza sulla loro vita personale.
Due intervistati su tre avvertono una profonda invasione delle tecnologie nelle proprie vite, con un utilizzo superiore alle sei ore al giorno per la maggioranza del campione, inclusi i weekend e i giorni di festa, o in orario extra-lavorativo. Inoltre, un intervistato su due dichiara di trascorrere in media più di quattro ore al giorno su piattaforme di comunicazione (come Zoom, Skype, Teams, etc).
Ciò che colpisce è la profonda sensazione di interferenza tra vita privata e vita lavorativa riportata dalla maggioranza degli intervistati (55%). Secondo la ricerca, nell’ultimo mese, il 65% degli accademici si è dedicato al lavoro anche in orari o giornate non lavorative. Il 67% ha percepito che la propria vita personale è stata invasa dalle tecnologie utilizzate per lavoro, e tale percentuale supera l’80% tra chi trascorre più di otto ore al giorno online. Tuttavia, nonostante la fatica, la maggioranza dei partecipanti continua a sentirsi orgogliosa del proprio lavoro (84%) e a considerarlo ricco di significati e di obiettivi (73%), evidenziando alti livelli di coinvolgimento, dedizione e resilienza.
Queste prime evidenze però chiedono attenzione da parte delle istituzioni. Secondo Andrea Bonanomi, responsabile della ricerca, “è necessario che le istituzioni si facciano carico di iniziative volte a promuovere una corretta igiene del lavoro, sensibilizzando in merito ai rischi connessi all’applicazione intensiva del remote working, sempre meno smart e sempre più home-working, e identificando le opportune misure di prevenzione e trattamento della online fatigue“.