I feti affetti da iposviluppo tardivo sono a più alto rischio di scompenso ante-partum e l’induzione del travaglio con metodiche non farmacologiche, che si associa ad un più basso tasso di complicanze per la madre ed il bambino, è da preferire nel momento in cui si decide di sottoporre ad induzione del parto tali donne. È quanto emerge da uno studio internazionale sull’induzione del travaglio di parto nelle gravidanze affette da iposviluppo fetale tardivo, studio che vede come centro promotore l’università “D’Annunzio” di Chieti-Pescara.
L’iposviluppo fetale è una condizione caratterizzata dall’impossibilità da parte del feto di raggiungere il proprio potenziale di crescita a causa dell’insufficienza della placenta. E tale condizione risulta associata ad un più alto rischio di morte in utero e ad anomala performance cardiovascolare e neurocognitiva in età pediatrica: di qui l’importanza di una corretta gestione di queste gravidanze al fine di ridurne i rischi connessi.
Per condurre lo studio, i professori Francesco D’Antonio, docente di Ginecologia e Ostetricia, e Marco Liberati, direttore della Clinica Ostetrico-Ginecologica, hanno creato un gruppo di ricerca, il College (The induCtion of labOr in Late fetaL Growth rEstriction Study Group), coinvolgendo i più importanti centri di medicina materno-fetale in Italia e Spagna. “I risultati di questo studio – spiega il professor Liberati – suggeriscono che i feti affetti da iposviluppo tardivo sono a più alto rischio di scompenso ante-partum e che l’induzione del travaglio con metodiche non farmacologiche si associa ad un più basso tasso di complicanze per la madre ed il bambino e che quindi sono da preferire allorquando si decide di sottoporre ad induzione del parto tali donne”.
“La Clinica-Ostetrico-Ginecologica di Chieti e il suo centro di Gravidanze a Rischio e Medicina Prenatale che hanno coordinato questo studio – sottolinea il professor D’Antonio – sono già autori di numerose pubblicazioni sull’emodinamica cardiaca e cerebrale fetale nelle gravidanze complicate da queste patologie ed attualmente risultano promotori di più di 40 progetti di ricerca sulla medicina prenatale e gravidanze a rischio che coinvolgono i più importanti centri di medicina prenatale al mondo”.