Il caffè è una delle sostanze più consumate in tutto il mondo e gli studi epidemiologici associano un consumo maggiore di questa bevanda a una diminuzione dei tassi di mortalità generale e di malattie neurologiche e metaboliche tra le quali il morbo di Parkinson e il diabete di tipo 2. È dimostrato inoltre che l’assunzione di un’elevata quantità di caffè è correlata a tassi più bassi di cancro del colon, del retto, della mammella, dell’endometrio, dell’intestino e di altre tipologie tumorali, anche se per alcune di queste neoplasie i risultati sono contrastanti.
Le ricerche riguardano gli effetti chemiopreventivi e i meccanismi di azione esercitati dagli oltre 1.000 singoli composti presenti nel caffè tostato sono complessi e possono variare in base alle diverse patologie. Alcuni di questi meccanismi possono essere regolati dal fattore di trascrizione nucleare eritroide 2 (Nrf2), che combatte lo stress ossidativo, oppure comprendere percorsi che portano a forme reattive di ossigeno per uccidere le cellule malate. Esistono prove del coinvolgimento di recettori, tra i quali quello degli idrocarburi arilici (AhR) e il nucleare orfano 4A1 (NR4A1), nonché del contributo delle vie epigenetiche e del microbioma intestinale. Un ulteriore chiarimento della situazione faciliterà le potenziali applicazioni cliniche future degli estratti di caffè per il trattamento del cancro e di altre malattie infiammatorie.
Int J Mol Sci. 2023 Jan doi: 10.3390/ijms24032706