Rispetto alle persone sane, i malati di Parkinson assumono, con gli alimenti, una quantità di proteine significativamente più elevata, anche se mostrano un più basso indice di massa corporea e conducono una vita più sedentaria. È quanto emerge dai dati preliminari di uno studio condotto dal Centro Parkinson-ICP di Milano, diretto da Gianni Pezzoli, che possono servire ad ottimizzare la dieta in relazione all’assunzione di Levodopa. Questo studio ha utilizzato il software gratuito online dell’Osservatorio nutrizionale Grana Padano (OGP) per analizzare 600 pazienti Parkinson, provenienti da diverse regioni italiane, confrontati con 600 persone sane.
Secondo i dati ottenuti, le persone con Parkinson assumono anche una quantità maggiore di tutti i macronutrienti (ad esempio, per le proteine, 1,2 g/kg di peso corporeo contro 1 g/kg di peso) e micronutrienti, ad eccezione della vitamina B12, calcio e vitamina D. L’assunzione di proteine “correla significativamente – spiega una nota – con un aumentato fabbisogno di Levodopa (0,38 mg/kg di peso corporeo)”. Inoltre, in questi pazienti si osserva una prevalenza di stipsi del 47% rispetto al 7% dei controlli sulle persone sane e un’idratazione inferiore.
“Dieta con controllato apporto proteico e regolarizzazione dell’alvo sono due punti chiave nell’ottimizzazione della cura con Levodopa”, dice Michela Barichella, responsabile di Dietetica e Nutrizione Clinica al Centro Parkinson di Milano. “È infatti la prima volta che si trova una correlazione tra quantità di farmaco utilizzata, stipsi e le proteine introdotte. Bisogna consigliare di non superare 0,8g di proteine/kg/peso ideale e di bere 2 litri di acqua al giorno. Questi obiettivi diventano un punto cardine nel trattamento dietologico della patologia”.