Bambini: più del 50% con ipovitaminosi D

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shutterstock_117677374In Italia i bambini mostrano grave carenza di vitamina D che interessa oltre un bimbo su due e può arrivare a punte massime del 70%. Le conseguenze possono essere importanti, perché ad esempio nel neonato la vitamina D aiuta a prevenire il rachitismo e in generale questa vitamina aiuta a migliorare la densità ossea, ma nuove evidenze scientifiche suggeriscono anche un ruolo positivo in alcune  malattie autoimmuni, come il diabete mellito di tipo 1, ma anche nell’asma.

I pediatri della Società italiana di pediatria (Sip) e della Società’ italiana di pediatria preventiva e sociale (Sipps), in collaborazione con la Federazione italiana medici pediatri (Fimp), hanno realizzato una Consensus sulla vitamina D, coordinata da Giuseppe Saggese, Presidente della Conferenza Permanente dei Direttori delle scuole di specializzazione in Pediatria, identificando i fattori di rischio e offrendo delle raccomandazioni. “L’ipovitaminosi D, condizione che va dall’insufficienza al deficit di vitamina D, riguarda oltre un bambino su due, con punte massime in epoca neonatale e nell’adolescenza, dove si arriva a percentuali del 70%”, spiega il Presidente Sip Giovanni Corsello.

Tra i fattori di rischio la scarsa esposizione solare, la prematurità, le malattie croniche, l’allattamento al seno esclusivo prolungato e la pelle scura. I pediatri dunque suggeriscono, innanzitutto, gioco e attività fisica all’aria aperta, ma anche un cambiamento negli stili di vita che preveda ad esempio la colazione con il latte, che contiene calcio. “I bambini italiani mediamente non arrivano al 50% del fabbisogno giornaliero di calcio. Pediatri e genitori devono incoraggiarli di più a fare colazione con una bella tazza di latte, un’abitudine italiana da difendere”, aggiunge infatti Giuseppe Di Mauro Presidente Sipps. Tra le raccomandazioni della Consensus la profilassi con vitamina D per tutti i neonati per tutto il primo anno di vita, indipendentemente dall’allattamento al seno, e da 1 a 18 anni solo in bambini e ragazzi a rischio.

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