Un periodo in cui il cibo è diventato centrale, come fosse Natale tutti i giorni. È stata così la pandemia: soprattutto nelle fasi critiche, complici stress e isolamento, spesso hanno vinto gli eccessi: di calorie, ma anche di grassi e zuccheri. Il risultato sono stati aumenti di peso, ma anche difficoltà digestive, gonfiore, nausea, senso di pesantezza. Tre italiani su 4 dichiarano di soffrire abitualmente di almeno un disturbo gastrointestinale, ma con il Covid la tendenza è in aumento: dal 47,8% del 2019 per chi soffre con intensità di questi disturbi al 56% del 2021. In particolare, a rappresentare questa criticità, seppur nelle forme lievi, sono i trentenni. Emerge da una ricerca su un campione online di 1.000 persone di Human Highway per Assosalute.
“Se è vero che l’apparato digerente viene definito come ‘secondo cervello’, ciò che incide sulla vita può avere ripercussioni – spiega Attilio Giacosa, gastroenterologo e docente all’Università di Pavia – i dati durante il primo lockdown evidenziano come circa il 17% degli intervistati abbia avuto una riduzione dell’appetito, mentre il 34% ha manifestato un aumento di fame e desiderio di cibo, con un 48% che ha aumentato il peso. Queste variazioni hanno portato a difficoltà digestive e ad alterazioni delle funzioni intestinali.”
Fenomeni condizionati anche dalla sedentarietà. Ad intensificare i disturbi gastrointestinali in pandemia sono stati anche stress e ansia (62,7%), soprattutto tra le donne. Vi sono poi connessioni tra l’infezione Covid e le alterazioni del microbiota intestinale. Il virus può portare, infatti, spiega Giacosa, “a effetti negativi per gli equilibri della flora intestinale, sia nella sede del colon che nell’intestino tenue”.
Rispetto al periodo pre-pandemico e nel caso di disturbi gastro-intestinali, gli italiani fanno sempre più frequentemente riferimento al medico di base, attenendosi alle sue indicazioni (44% del campione), con il 24,1% che si rivolge al farmacista. Soprattutto le donne ricorrono abitualmente ai farmaci di automedicazione (40%), curano l’alimentazione (49,3%) e utilizzano i “rimedi della nonna” (31,6%). Se il dolore persiste, il vomito non si arresta e in caso di perdita di sangue, sia per bocca che per via rettale, occorre però contattare il medico.