(Reuters Health) – Le madri che condividono il letto con i loro bambini sono più motivate all’allattamento al seno ed hanno una maggiore probabilità di condurlo per i 6 mesi consigliati, secondo uno studio realizzato nel Regno Unito. Nonostante l’allattamento al seno debba essere incoraggiato, le informazioni devono essere bilanciate affinché le neomamme comprendano i rischi inerenti il dormire assieme ai bambini, scrivono su Acta Paediatrica i ricercatori diretti da Helen Ball, direttrice del Parent-Infant Sleep Lab presso la Durham University.
“Le donne che hanno intenzione di allattare al seno hanno maggiori probabilità di adottare la condivisione del letto con il bambino come strategia per raggiungere facilmente il loro obiettivo di allattamento al seno”, ha commentato l’autrice dello studio È irrealistico dire alle donne che allattano al seno di non condividere il letto, ha detto la dottoressa Bell, ma “le donne dovrebbero disporre delle informazioni necessarie per prendere delle decisioni coscienti a questo riguardo la condivisione”.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda che le madri utilizzino l’allattamento al seno esclusivo per i primi 6 mesi, e che poi procedano ad accompagnare l’allattamento con altri cibi fino ai 2 anni di età. Soltanto metà delle madri negli Stati Uniti continua l’allattamento al seno fino a 6 mesi dalla nascita, secondo il CDC.
I ricercatori hanno utilizzato dati collezionati in un grande studio del nord-est dell’Inghilterra da 870 madri che sono state reclutate durante la gravidanza. Per 26 settimane dopo la nascita, le madri hanno risposto ad un sondaggio settimanale automatico tramite telefono. Hanno fornito informazioni a proposito dell’avere allattato al seno e se avessero dormito nel letto assieme ai loro bambini per almeno un’ora nella settimana appena trascorsa.
La ricerca
Il 44% delle madri ha detto di avere condiviso il letto “raramente” oppure “mai”, il 28% lo ha fatto “ad intermittenza”, ed il 28% ha riferito di avere condiviso il letto “spesso”. La maggioranza delle donne che ha dichiarato di condividere il letto spesso continuava ad allattare al seno dopo i sei mesi. Quelle che condividevano il letto ad intermittenza tendevano ad allattare fino ai 5 mesi e mezzo, mentre quelle che condividevano il letto molto raramente allattavano al seno per appena 3 mesi.
Le madri che condividevano il letto spesso hanno anche dimostrato una maggiore motivazione verso l’allattamento al seno nel periodo prenatale. Per esempio, il 70% delle donne che ha finito per condividere il letto spesso aveva dichiarato prima della nascita di considerare l’allattamento al seno importante. Questo in confronto con il circa 56% delle donne che hanno finito per condividere il letto ad intermittenza oppure mai.
Similmente il 95 di chi condivideva frequentemente il letto aveva espresso una forte intenzione a continuare l’allattamento al seno nel periodo prenatale, in confronto all’87% e 82% rispettivamente delle madri che hanno condiviso il letto ad intermittenza o raramente.
I commenti
Amy Brown, professoressa di sanità pubblica presso la Swansea University del Galles, ha fatto notare che i bambini allattati al seno devono essere nutriti spesso per mantenere attiva la possibilità di fornire latte da parte della madre e possono essere nutriti addirittura ongi due ore, anche di notte. La dottoressa Brown ha detto che “nutrire un bambino così spesso può essere molto faticoso, specialmente se le neomamme devono tornare al lavoro oppure hanno bisogno di occuparsi di altri bambini durante la giornata”.
Dormire nello stesso letto può essere d’aiuto, ha detto Brown. “Qualsiasi cosa aiuti le madri a dormire di più, e le aiuti ad essere sicure che il bambino venga nutrito frequentemente è molto importante”. Il CDC ha rilasciato un avviso riguardo i pericoli del dormire nello stesso letto con un infante, facendo notare che può essere connesso alla Sindrome da Morte Improvvisa dell’Infante (SIDS) e che i bambini potrebbero essere accidentalmente soffocati da cuscini o da un adulto che girandosi finisce sopra di essi.
Fonte: Acta Pediatrica
Madeline Kennedy
(Versione italiana Quotidiano Sanità/Nutri e Previeni)