Tra un occhio attento alla scelta di cibi salutari e local alle troppe colazioni mancate, luci e ombre si stagliano sull’alimentazione dei ragazzi in Italia durante la pandemia: sono aumentati i giovani che non fanno colazione (oltre uno su quattro ha questa pessima abitudine) e una quota consistente di loro (il 16%) vive il cibo come un problema, però aumentano i consumi di cibi più salutari come quelli poveri di zuccheri.
Sono alcuni dei risultati frutto di una ricerca dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, ANBI Emilia Romagna, Consorzio di Bonifica di Piacenza e CREA presentata all’ateneo piacentino nell’ambito del progetto Food Mood. Obbiettivo dell’indagine – che ha coinvolto 482 studenti di 14-19 anni, delle scuole superiori dell’Emilia-Romagna – era capire se e in che modo è cambiata l’alimentazione dei giovani durante la pandemia. Il progetto continuerà nei prossimi 3 anni e che indagherà altri aspetti del rapporto tra giovani e alimentazione.
L’indagine ha anche evidenziato un aumento dei pasti consumati in famiglia, ha spiegato Edoardo Fornari dell’Università Cattolica. La ricerca ha inoltre rivelato che circa il 16% degli adolescenti vive oggi il cibo come un “problema” ed è ragionevole credere che questo atteggiamento di disagio – con relativo rischio di disturbi alimentari come anoressia o bulimia – certamente è stato acuito dalla solitudine prolungata dei periodi di lockdown e quarantene e più in generale dalle varie restrizioni che limitano e impoveriscono le relazioni sociali, con evidenti impatti negativi sulla psiche degli adolescenti, ha sottolineato Fornari. Fa il paio con questo disagio un altro dato rilevante dell’indagine, e cioè che il campione ha dichiarato di trascorrere in media quasi 9 ore al giorno tra TV, smartphone, videogame, chat e internet.
Nello studio si vede anche che “la maggior parte dei ragazzi intervistati ha dichiarato che durante la pandemia ha prestato maggiore attenzione che in passato rispetto alla provenienza dei prodotti (attribuendo grande importanza all’italianità degli stessi, per esempio), ma anche e soprattutto ai controlli a cui gli stessi prodotti sono sottoposti – ha aggiunto Fornari. Si potrebbe dire che il tema della ‘food safety’ è diventato sempre più centrale per la scelta dei cibi da parte dei ragazzi. Inoltre, vi è una crescente preferenza per prodotti considerati più salutari, come quelli con pochi zuccheri e pochi grassi e con meno sale”, infatti il 42% del campione ha detto di aver aumentato il consumo di cibi “sani” durante la pandemia.
Insomma, in un certo qual modo si può dire che l’effetto pandemia nel piatto dei giovani sia in buona parte positivo: “ciò è peraltro confermato dal fatto che circa il 30% dei nostri intervistati ha dichiarato un’alta aderenza ai principi della dieta mediterranea – ha concluso Fornari – e questo si abbina ad una diffusissima abitudine a praticare attività sportiva almeno una volta a settimana”, come dichiarato da 4 intervistati su 5.