Le donne che hanno avuto una diagnosi di diabete durante la gravidanza hanno il doppio delle probabilità, entro la mezza età, di sviluppare una calcificazione delle arterie che le mette maggiormente a rischio di infarto. E questo pericolo resta anche se, dopo il parto, hanno visto ritornare alla normalità i livelli di zucchero nel sangue. A mettere in guardia è una ricerca pubblicata su Circulation, rivista dell’American Heart Association.
Studi hanno mostrato che le donne che hanno avuto il diabete gestazionale (ovvero insorto durante la gravidanza) sono a maggior rischio di sviluppare prediabete o diabete, condizioni collegate a malattie cardiovascolari. Per capire se il rischio per il cuore vi fosse anche per quelle che dopo il parto avevano visto tornare alla normalità gli zuccheri nel sangue, i ricercatori del Kaiser Permanente Oakland Medical Center hanno utilizzato i dati di circa 1.100 donne valutate 25 anni dopo il parto e di cui il 12% aveva avuto diabete gestazionale. L’analisi ha rilevato che, delle donne che avevano sofferto di diabete gestazionale, il 36% ha sviluppato prediabete e il 26% diabete, rispetto al 35% e al 9% delle altre. Inoltre, il 25% delle donne che aveva avuto diabete gestazionale, anche se la condizione era regredita, presentava calcio nelle arterie coronariche, contro il 15% delle altre.
In Italia, spiega Laura Sciacca, professoressa associata di endocrinologia presso l’Università di Catania, “circa l’11% delle donne incinte sviluppa diabete gestazionale. Questo comporta complicanze nell’immediato per la partoriente e per il feto, tra cui parto precoce e ipertensione gravidica. Nella maggior parte dei casi la condizione regredisce dopo il parto, per poi ripresentarsi più avanti negli anni e favorendo l’insorgenza di ictus e infarto”. Il problema, precisa Sciacca, esperta della Società Italiana di Diabetologia (Sid), “è sottostimato e c’è poca consapevolezza nelle donne e nei medici: la curva da carico di glucosio per valutare gli zuccheri nel sangue non viene fatta a tutte le future mamme e neppure a quelle con fattori di rischio specifici, come l’età oltre i 35 anni e l’obesità. Quindi spesso la condizione non viene diagnosticata. Inoltre, anche molte pazienti che hanno avuto la diagnosi tendono a smettere di fare controlli dopo il parto”.