Se diagnosticata precocemente, l’endometriosi non pregiudica la gravidanza. Che le donne affette da endometriosi non riescano mai a concepire o portare a termine una gravidanza non è, infatti, sempre vero, purché vi sia una diagnosi il più precoce possibile e ci si affidi ad un approccio multidisciplinare nella cura della malattia. A fare il punto della situazione è Mario Mignini Renzini, Direttore Medico del Centro di Medicina della Riproduzione Biogenesi e Responsabile dell’Unità Operativa di Ginecologia presso gli Istituti Clinici Zucchi di Monza, del Gruppo San Donato.
L’endometriosi è una patologia femminile cronica recidivante e di difficile diagnosi che colpisce tra il 2 e il 10% delle donne italiane – con un totale stimato di circa 3 milioni di casi, secondo dati del ministero della Saluti aggiornati al 2019 – e di cui soffre il 50% delle donne infertili, secondo le linee guida ESHRE del 2013. Si tratta di una delle malattie femminili più temute – proprio perché spesso legata all’impossibilità di avere figli – e al contempo più misteriose e sconosciute, complice anche la difficoltà nella diagnosi che spesso viene formulata in ritardo, dopo un lungo e dispendioso percorso.
Caratterizzata dalla anomala presenza di endometrio all’esterno dell’utero, che causa uno stato di infiammazione cronica, spesso non genera alcun sintomo, rendendo di conseguenza sconosciuta la reale incidenza di questa patologia. Circa il 5% delle donne in periodo fertile è affetta da endometriosi. Percentuale che arriva al 25-50% nelle donne infertili, fino a toccare il 60-70% in coloro che hanno dolore pelvico cronico. Il tasso di incidenza massimo dell’endometriosi si verifica nelle donne tra i 25 e i 35 anni, anche se la malattia compare spesso in fasce di età più basse.
“L’endometriosi è correlata all’infertilità in circa il 50% dei casi, ma questo non significa che le donne affette da questa patologia non possano mai avere figli. La malattia non si presenta sempre con le stesse caratteristiche e intensità e la prevenzione e una diagnosi precoce possano fare la differenza”, spiega Mignini Renzini. “Nelle donne affette da endometriosi è indispensabile una consulenza qualificata per affrontare quelle che sono le problematiche principali legate alla malattia endometriosica: da un lato la sintomatologia – dolore pelvico, dolore mestruale, dolore durante i rapporti sessuali – e dall’altro il rischio di sviluppare una condizione di sterilità.” prosegue l’esperto.
“Le terapie mediche e le strategie chirurgiche devono tener conto del desiderio principale della paziente – trattamento della sintomatologia e/o desiderio di prole attuale o futuro – e mettere in campo tutti le combinazioni terapeutiche per soddisfare queste aspettative. Se da un lato la terapia medica può alleviare i sintomi dell’endometriosi, questa, per lo più, non è compatibile con la ricerca immediata di una gravidanza. D’altra parte, la terapia chirurgica, considerando l’elevata probabilità che la malattia endometriosica possa recidivare, deve da un lato cercare di migliorare la possibilità di una gravidanza spontanea e dall’altro, ove questo non sia possibile, essere associata ad un trattamento di PMA per consentire l’insorgenza di una gravidanza o mettere in atto procedure di preservazione della fertilità – come la crioconservazione dei propri ovociti – in caso la gravidanza non sia un progetto immediato”.
“Ancora più critica è la strategia da adottare in caso di recidiva di endometriosi: la probabilità di recidiva delle cisti ovariche endometriosiche dopo asportazione laparoscopica è di circa il 10%. In questi casi, non solo la presenza della cisti endometriosica, ma anche la sua rimozione può ridurre in maniera significativa la riserva ovarica: la probabilità di gravidanza dopo un secondo intervento si dimezza rispetto a quella successiva alla prima chirurgia”, spiega Mignini Renzini. “Per questo motivo la vitrificazione degli ovociti può essere un’opzione consigliabile una volta effettuata la diagnosi in giovane età. Questo consente alla donna di sottoporsi alle terapie necessarie e poi, nel caso non si riuscisse ad ottenere una gravidanza spontanea, ricorrere alla procreazione assistita impiegando i propri ovociti”.