I bambini le cui madri hanno avuto un’ampia esposizione agli ftalati durante la gravidanza tendono ad avere una minore quantità di sostanza grigia nel cervello all’età di 10 anni. Ad evidenziare questa correlazione è un team di ricercatori del Barcelona Institute for Global Health, che a riguardo ha pubblicato uno studio su Molecular Psychiatry.
Lo studio
Il team ha preso in considerazione i dati relativi a 775 coppie madre-figlio partecipanti allo studio Generazione R di Rotterdam, dei quali erano disponibili esami di neuroimaging. L’esposizione delle madri agli ftalati è stata valutata utilizzando campioni di urina raccolti durante la gravidanza, attraverso l’analisi dei metaboliti di questi composti. Le misurazioni volumetriche cerebrali dei ragazzi invece, sono state effettuate utilizzando scansioni MRI all’età di 10 anni, mentre il QI è stato valutato attraverso test standard somministrati all’età di 14 anni.
L’analisi statistica ha rivelato un’associazione tra concentrazioni gestazionali più elevate di monoetil ftalato – un metabolita del dietil ftalato utilizzato nei prodotti cosmetici e per rendere la plastica più flessibile – e minori volumi di sostanza grigia nei ragazzi all’età di dieci anni. Inoltre, concentrazioni materne più elevate nelle urine durante la gravidanza di acido monoisobutilftalico (mIBP), un metabolita del diisobutilftalato (DIBP) – anche questo usato come plastificante – si sono rivelate associate a un minor volume della sostanza bianca nelle ragazze.
Il team, infine, ha osservato che questa relazione tra l’esposizione a determinati ftalati e un basso QI infantile è parzialmente influenzata dai volumi totali di sostanza grigia. L’esposizione ai plastificanti prima della nascita, dunque, potrebbe portare a una riduzione della sostanza grigia totale durante l’infanzia, che a sua volta potrebbe correlarsi a un QI inferiore.
Fonte: Molecular Psychiatry 2023