(Reuters Health) – Abiti, imbottiture ma anche smalti per le unghie, tappetini per fare yoga e ginnastica e sedili per auto: questi alcuni dei comuni oggetti che possono essere stati trattati con sostanze chimiche “ignifughe”, per essere resi resistenti al fuoco. Tali sostanze, tra le altre cose, vengono continuamente rilasciate nell’aria e nella polvere; non è dunque così difficile venirne a contatto. Ebbene, secondo una ricerca pubblicata su Environmental Health Perspective, le donne che presentano alte concentrazioni di sostanze chimiche ignifughe nelle urine avrebbero maggiori difficoltà a rimanere incinta e a portare a termine la gravidanza. Così dimostrano i risultati dello studio guidato da Courtney Carignan, della Harvard T. H. Chan School of Public Health di Boston.
Lo studio
I ricercatori americani hanno analizzato i dati raccolti relativi a 211 donne che si erano recate a un centro per la fertilità del Massachusetts per sottoporsi a fecondazione in vitro. Test di laboratorio hanno mostrato elevati livelli, nelle urine, di sottoprodotti di tre sostanze chimiche ignifughe anche dette “ritardanti di fiamma”. In particolare, l’87% delle donne aveva alti livelli di bis(1,3-dicloro-2-propil) fosfato (BDCIPP), il 94% aveva alte concentrazioni di difenile difosfato (DPHP) e l’80% aveva alti livelli di isopropenil fenil fosfato (ip-PPP). Mentre solo il 14% aveva alte concentrazioni di terz-butilfenil fenil fosfato e nessuna aveva il bis(1-cloro-2-propil) fosfato (BCIPP). Rispetto alle donne con i livelli più bassi di queste sostanze chimiche nelle urine, le donne con i livelli più elevati avevano una probabilità del 10% inferiore di avere una efficace fecondazione, il 31% in meno di probabilità di impianto dell’embrione nell’utero, il 41% in meno di probabilità di portare a termine la gravidanza e il 38% in meno di probabilità di dare alla luce un feto in vita.
I commenti degli esperti
“Questi risultati suggeriscono che l’esposizione a queste sostanze chimiche potrebbe essere uno dei tanti fattori di rischio per la riduzione del successo riproduttivo – spiega Carignan – E aggiungono prove al fatto che bisognerebbe ridurre l’uso di queste sostanze con alternative più sicure”. Secondo Ami Zota, del Milken Institute of Public Health della George Washingotn University, sono necessari ulteriori studi su una popolazione più ampia per validare questi risultati e consigliare alle donne di prendere precauzioni per ridurre l’esposizione a questi composti chimici. Mentre lavarsi spesso le mani, soprattutto prima di mangiare, potrebbe essere comunque una buona pratica per ridurre l’esposizone a questi composti, come raccomandato anche da Zota.
Le limitazioni dello studio
Lo studio, in realtà, non era una sperimentazione per dimostrare se o come i ritardanti di fiamma avessero effetti sulla fertilità nelle donne. Inoltre, i ricercatori non hanno controllato l’esposizione ai ritardanti di fiamma nei partner. Infine, il fatto che siano state considerate solo coppie con 35 anni o più, non vuol dire che lo stesso risultato sia evidenziabile nelle più giovani.
Fonte: Environmental Health Perspective
di Lisa Rapaport
(Versione italiana Quotidiano Sanità/ Nutri&Previeni)