Secondo quanto riportato da un’analisi condotta dall’Università di Oxford su richiesta della Bbc, e pubblicata sul British Medical Journal, la maggior parte dei trattamenti ‘optional’ offerti dalle cliniche della fertilità nel Regno Unito non avrebbe una reale efficacia nell’aumentare le chance di successo di una fecondazione assistita.
Molti di questi trattamenti sono estremamente costosi, ma la maggior parte (59%) non sono rimborsati dal sistema sanitario. Oltre a questo, emerge il fatto che non sarebbero neanche davvero utili. Lo studio rileva come solo 11 di questi siano raccomandati dalle linee guida del Nice (National Institute for Health and Care Excellence), l’organo di controllo sulla salute del Governo inglese, come l’icsi, il trasferimento di embrioni, ovuli e sperma congelato e l’inseminazione intrauterina.
I ricercatori hanno invece riscontrato dei benefici reali solo per cinque di questi trattamenti: la coltura della blastocisti (che consiste nel mantenere gli embrioni sotto osservazione in laboratorio fino al 5º giorno di sviluppo), lo scratch endometriale (cioè un graffio dell’endometrio per innescare la produzione di sostanze che creano un ambiente più favorevole all’impianto dell’embrione), l’uso di antiossidanti orali, l’inseminazione intrauterina fatta sul ciclo mestruale naturale della donna, e i ‘composti di aderenza’, cioè l’uso di composti per aumentare la possibilità di impianto degli embrioni.
Secondo l’Eshre (Società europea di riproduzione umana ed embriologia), le nuove tecnologie non devono essere introdotte in un centro clinico senza un appropriato sviluppo e prove di sicurezza e beneficio per il paziente. Il paziente, scrive l’Eshre sul suo sito, deve ricevere tutte le informazioni su ogni tipo di trattamento offerto, inclusi rischi ed effetti collaterali.