Un locale pubblico su quattro produce e utilizza ghiaccio non conforme alle normative vigenti, risultando quindi contaminato per mancanza di attenzione igienica nella fase di produzione, conservazione e manipolazione. A rivelarlo è una ricerca condotta da Inga, l’Istituto nazionale per il ghiaccio alimentare, in collaborazione con l’assessorato alla Salute della Regione Sicilia e le Asp. Il rischio però sarebbe alto anche per quanto riguarda e produzioni casalinghe, a cui sempre più famiglie ricorrono nei caldi mesi estivi.
Non tutti sono consapevoli che il ghiaccio alimentare, utilizzato come refrigerante o ingrediente, è considerato a tutti gli effetti un alimento con il rispetto di norme e prassi igieniche; può essere contaminato da batteri e agenti chimici a causa dell’utilizzo di acqua non pura e/o di carenze igieniche, con conseguenze per i consumatori che vanno da piccoli disturbi, a effetti ben più gravi. Da qui l’impegno di prevenzione ed educazione di Inga, a partire dal decalogo per il ghiaccio in casa in tutta sicurezza: dalla corretta pulizia del freezer e delle vaschette per il ghiaccio, alle temperature e ai tempi di conservazione, fino alla manipolazione dei cubetti.
Sul fronte del ‘fuori casa’, l’Istituto insieme alle associazioni di settore e della Federazione Italiana Pubblici Esercizi (Fipe) punta da anni ad educare produttori e consumatori al rispetto delle prassi igieniche. Nel 2015 ha pubblicato il Manuale di corretta prassi igienica per la produzione di ghiaccio alimentare, approvato dal Ministero della Salute, vademecum tuttora unico nel suo genere in Europa. Un quadro dove la Sicilia, territorio tradizionalmente legato alla produzione di ghiaccio, a oggi e’ l’unica regione ad essersi occupata della questione, elaborando un proprio piano.