Oltre a devastare alberi e sottobosco gli incendi rischiano di compromettere la qualità del vino prodotto nelle vicinanze, conferendogli un retrogusto di bruciato. La colpa sarebbe di un enzima della vite, che incorpora gli aromi della combustione negli zuccheri dell’uva, e del lievito della fermentazione, che digerisce gli zuccheri liberando nell’aria le molecole odorose incriminate. Lo hanno scoperto i ricercatori dell’Università tecnica di Monaco di Baviera, che su Journal of Agricultural and Food Chemistry indicano alcune possibili contromisure per fermare questi due ‘boicottatori’ molecolari.
Il problema
Il primo si chiama glicosiltransferasi, ed è un enzima della vite che solitamente agisce sul resveratrolo, il famoso antiossidante di cui è particolarmente ricco il vino rosso. Questa molecola benefica ha una struttura chimica che l’enzima può facilmente confondere con quella delle molecole aromatiche sprigionate dagli incendi, che così finiscono per essere prese e ‘incatenate’ alle molecole di zucchero dell’uva.
In questa fase, le molecole odorose imprigionate sono inoffensive, perché non si rendono riconoscibili nell’aroma e nel gusto della frutta. Il problema sorge soltanto in un secondo momento, cioè quando il lievito aggiunto per la fermentazione rompe le ‘catene’ degli zuccheri e libera le sgradevoli molecole: è per questo motivo che ci si accorge dell’alterazione solo a prodotto finito, quando il vino viene stappato.
“Ora sappiamo come si genera questo cattivo gusto”, affermano i ricercatori. “Come prossima mossa, potremmo provare a coltivare viti povere di glicosiltransferasi, oppure potremmo aggiungere un secondo zucchero per prevenire il rilascio dei cattivi aromi”. In alternativa, si potrebbe anche modificare il Dna del lievito della fermentazione, rimuovendo il gene che gli permette di liberare gli aromi della combustione.