Con l’avvicinarsi dell’estate, in attesa del sole naturale, c’è una vera e propria corsa all’abbronzatura artificiale, motivata dall’insano desiderio di “sentirsi più belli”. Per questo anche i ragazzi ricorrono all’uso delle lampade solari che, però, in Italia sono vietate per legge ai minori di 18 anni dal maggio 2011; eppure il 7% degli adolescenti continua a farle senza problemi.
I divieti sono ben motivati da precise ragioni scientifiche. Venti minuti di esposizione alla lampada equivalgono a 200-300 minuti di sole naturale del picco di agosto e le scottature o troppi raggi Uv, come continua a ribadire anche l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), aumentano il rischio di tumori cutanei da adulti. A mettere in guardia sul mancato rispetto della normativa vigente sono i risultati finali del progetto “Save the skin” dell’Istituto tumori romagnolo (Irst) pubblicato su Medicine da cui emerge chiaramente che la legge così come è ora non funziona. D’altronde non sono previste sanzioni in caso di reato e verosimilmente mancano sia i controlli da parte degli operatori che non verificano l’età degli utenti sia quelli dei servizi di prevenzione delle aziende sanitarie sulle attività commerciali. Risultato: gli adolescenti continuano ad utilizzare le lampade e nel 33% dei casi hanno il consenso dei genitori.
La ricerca ha coinvolto 3.098 studenti tra i 13 e i 20 anni di età. Di questi 229 hanno hanno partecipato ad un progetto di educazione sulla prevenzione primaria e secondaria del cancro della pelle. Dati alla mano è emerso che il 7% degli adolescenti frequentava i solarium, le ragazze in misura di più del doppio rispetto ai ragazzi. “A far uso delle lampade – dichiara Ignazio Stanganelli, dell’Università di Parma e responsabile della Skin Cancer Unit dell’Istituto tumori romagnolo – è soprattutto il fototipo chiaro, che si scotta facilmente e con lentiggini, che tra l’altro è proprio quello più a rischio”. Informazione e sensibilizzazione sono le parole chiave per combattere il fenomeno.
Alla base dei ‘cattivi comportamenti’ ci sono la mancanza di educazione alla salute, sia in famiglia che nella scuola. Nel 25% dei casi questi ragazzi hanno genitori che fanno le lampade e la percentuale sale nelle famiglie in cui i familiari hanno solo la licenza elementare. Fondamentale poi il ruolo della scuola. Nel gruppo che aveva seguito il progetto di educazione e prevenzione si è registrata una maggiore attenzione alla propria salute. “I programmi – continua Stanganelli – hanno maggiore successo alle elementari. Anche se gli adolescenti conoscono il potenziale rischio delle lampade mantengono poi le loro abitudini. Sui bambini, invece, la sensibilizzazione diventa poi reale prevenzione”.