Emarginazione, disagio, stress. Sono queste i sentimenti che denunciano gli adolescenti che soffrono di malattie infiammatorie croniche dell’intestino. Il 71% soffre a causa delle limitazioni imposte alla propria vita relazionale, il 41% si sente emarginato dai propri coetanei; nel 46% dei casi si sentono protagonisti di “situazioni spiacevoli” nel condividere i pasti con i propri pari e in 6 casi su 10 accusano disagio anche in famiglia. I dati emergono da un’indagine realizzata dall’EngageMinds HUB dell’Università Cattolica del Sacro Cuore condotta nel contesto della campagna sociale “Crohnviviamo – Storie di giovani che la Malattia di Crohn non può fermare”.
L’indagine, che ha coinvolto preadolescenti e adolescenti con Mici, ha confermato le difficoltà derivanti dalle malattie intestinali in età adolescenziale, concentrandosi in particolare sull’impatto emotivo delle rinunce alimentari sulla quotidianità e le relazioni sociali. Tra i dati emersi dalla ricerca, il fatto che la consapevolezza dei problemi legati alla malattia non è arrivata al momento della diagnosi ma dopo tempo: nel caso dell’alimentazione, in particolare, in più del 40% dei casi l’impatto dell’alimentazione sulla vita sociale è andato aumentando dopo l’esordio.
“Le MICI, per il fatto di essere caratterizzate da una disabilità invisibile e per i sintomi che le contraddistinguono, sono malattie solitarie”, racconta il direttore generale dell’Associazione Nazionale per le Malattie Infiammatorie Croniche dell’Intestino (Amici) Salvatore Leone. “Per affrontarle serve il supporto, il sostegno, la vicinanza non solo dei familiari e dei medici, ma anche delle persone che interagiscono col paziente in ogni fase della sua vita”