Confermati ormai da numerose evidenze scientifiche, gli effetti negativi dell’inquinamento atmosferico sulla salute dei bambini possono avere un impatto sulla salute in età adulta e avere effetti transgenerazionali, ovvero si trasmettono dai genitori ai figli. Chiedere azioni per preservare la salute dei più piccoli è l’obiettivo del documento di consenso “Ambiente e primi 1.000 giorni” presentato oggi e promosso dalle principali società scientifiche in ambito pediatrico, inclusa la Federazione Italiana Medici Pediatri (Fimp), la Società Italiana di Neonatologia (Sin) e la Società Italiana di Pediatria (Sip).
I bambini sono particolarmente vulnerabili durante lo sviluppo fetale e nei loro primi anni, quando gli organi sono ancora in maturazione. Numerosi studi e revisioni della letteratura hanno indagato gli effetti dell’esposizione agli inquinanti atmosferici outdoor, nel periodo che va dal concepimento alla fine del secondo anno di vita (i primi 1.000 giorni): tra questi vi sono aumento della mortalità infantile, disturbi dello sviluppo neurologico, obesità, compromissione della funzione polmonare, asma e otite media.
“Il Documento di consenso è focalizzato sull’inquinamento dell’aria dovuto a particolato atmosferico, biossido di azoto e ozono, prodotte da mezzi di trasporto, riscaldamento domestico e emissioni industriali”, spiega Luca Ronfani, dell’Irccs materno infantile Burlo Garofolo di Trieste e referente scientifico del progetto ‘Ambiente e primi 1000 giorni’.
A seguito delle evidenze accumulate, precisa Francesco Forastiere dell’Environmental Research Group, Imperial College di Londra, “le nuove Linee guida sulla qualità dell’aria dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), pubblicate il 22 settembre, hanno ridotto in modo considerevole i valori limiti per l’esposizione a lungo termine agli inquinanti più dannosi per la salute”.
L’appello del documento, che sarà presentato a tutti i pediatri di famiglia italiani, è quello ad agire in modo concreto per migliorare formazione, conoscenze e prevenzione. “Conoscere il rischio – conclude Rino Agostiniani della Sip – può consentire di adottare strategie di prevenzione in grado di salvaguardare la salute futura del singolo individuo e delle successive generazioni”.