Oltre il 70% degli Italiani utilizza il sale iodato, ma un terzo della popolazione non lo usa, spesso per paura o diffidenza. A far sorgere paure immotivate in molti casi sono le numerose fake news, che non risparmiano neanche questo alimento. Per contrastare il diffondersi, su web e social, di informazioni prive di basi scientifiche, arriva un decalogo che sfata falsi miti e risponde a tante domande sulla salute della tiroide. A realizzarlo, in occasione della Settimana Mondiale dedicata a questa importante ghiandola che si tiene dal 25 al 31 maggio, sono stati l’Istituto Superiore di Sanità, società scientifiche e associazioni dei pazienti.
“Utilizzando il sale iodato in sostituzione del sale non iodato, si può realizzare un’adeguata nutrizione iodica che è indispensabile per una normale funzionalità tiroidea e per lo sviluppo del cervello durante le prime fasi della vita”, afferma Antonella Olivieri, responsabile dell’Osservatorio Nazionale per il Monitoraggio della Iodoprofilassi (Osnami) dell’Iss. Grazie a campagne informative basate sullo slogan ‘Poco sale ma Iodato’, oggi l’Italia ha raggiunto la condizione di iodosufficienza (con più del 70% degli Italiani utilizza il sale iodato) e il gozzo in età scolare è praticamente scomparso.
Tuttavia, secondo la sorveglianza dell’Osnami, un terzo della popolazione italiana non usa sale iodato, spesso per paura. “Un ruolo nel generare tale diffidenza è giocato proprio dalle numerose fake news su questo alimento – dichiara l’esperta – Perciò, nel decalogo, smentiamo affermazioni del tipo ‘non tutti possono usare il sale iodato’, ‘non serve usare il sale iodato perché mirtilli rossi, lamponi, mango e pasta integrale sono cibi ricchi di iodio’, ‘è sufficiente respirare lo iodio quando si va al mare’ o, ancora, ‘lo iodio contenuto nel sale iodato proviene da rifiuti ospedalieri radioattivi riciclati”.