Succhi di frutta: gli esperti fanno chiarezza

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Quando si parla di frutta concentrata si pensa quasi automaticamente al ‘succo di frutta’, ma occorre fare attenzione a che cosa si intende con la parola “succo”. Secondo una direttiva europea può chiamarsi ‘succo di frutta’ solo quello ottenuto al 100% dalla spremitura di frutta, senza zuccheri né additivi aggiunti e col solo processo della pastorizzazione, cioè l’elevazione della temperatura tra gli 80 e i 90 C° per pochi istanti, al fine di eliminare eventuali germi patogeni.

Per fare chiarezza e analizzare le evidenze scientifiche sul profilo nutrizionale dei succhi di frutta, la loro composizione, il ruolo nella dieta e i possibili impatti sulla salute, la Società italiana di nutrizione umana (Sinu) ha redatto un documento scientifico di 74 pagine, presentato a Milano. Sfogliandolo, vi si possono trovare dati di studi clinici secondo cui il consumo ragionevole di succhi è inversamente associato al rischio di ictus, ha un effetto benefico sulla pressione arteriosa, riduce il colesterolo Ldl nella popolazione generale, ma in caso di diabete tipo 2, il rischio resta basso solo sotto i 250 ml/giorno e aumenta in caso di elevato consumo.

Vi sono le bevande a base di ‘concentrato di frutta’ in cui il succo viene importato (ad esempio l’ananas) e quindi deve essere concentrato all’origine per poi essere ricostituito con l’aggiunta della giusta quantità d’acqua.

Quanto alle altre tipologie di prodotto, ci sono i nettari di frutta, che vengono realizzati a partire dal succo di frutta o dalla purea di frutta o da entrambi, e ai quali è necessario unire una certa quantità d’acqua perché sia bevibile. Secondo la normativa europea, la quantità minima di frutta contenuta nel nettare deve mantenersi tra il 25 e il 50%, in base alla varietà.

Tutto il resto sono ‘bevande base di frutta’ (anche gassate) per cui l’Italia impone il limite minimo del 12%, con zuccheri aggiunti. “Attenzione, però – precisa Alessandra Bordoni (Università di Bologna), coordinatore del gruppo di lavoro che ha redatto il documento – un bicchiere di succo di frutta, anche se contiene il 100% di frutta, non corrisponderà mai a una delle 5 porzioni di frutta e verdura raccomandate quotidianamente, perché manca della quantità di fibre, perdute con la spremitura”.

Per la professoressa vi è sempre da considerare ‘la giusta porzione’: “Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) – spiega – sia i succhi che le altre bevande a base di frutta contengono ‘zuccheri liberi’, che non sono ‘zuccheri aggiunti’, ma zuccheri ‘non legati’ alla matrice del frutto con la fibra. Questi zuccheri sono più velocemente digeribili rispetto a quelli del corrispondente frutto intero e quando se ne abusa, magari a causa del caldo estivo, oltre a sbilanciare la dieta, provocano improvvisi rialzi della glicemia il cui assorbimento richiama grandi quantità di insulina”.

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